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Il Daspo - Disciplina sanzionatoria

Testo:Il Daspo

Il daspo

Il Daspo – Divieto di accedere alle manifestazioni sportive. Disciplina sanzionatoria.

Si tratta di una misura di prevenzione introdotta dalla L. 401/89 e più volte modificata, al chiaro scopo di reprimere le condotte violente che si registrano in occasione di manifestazioni sportive. L’azione volta all’annullamento della sanzione va rivolta al giudice amministrativo competente per territorio, entro e non oltre 60 giorni dalla notifica.

Il Daspo (acronimo di Divieto di Accedere alle manifestazioni Sportive) è una misura di prevenzione introdotta nell’ordinamento italiano per fronteggiare il fenomeno della violenza negli stadi e/o comunque in occasione di manifestazioni sportive, la cui necessità si è avvertita soprattutto allorquando si sono verificati fatti di cronaca particolarmente gravi – si pensi al delitto dell’ispettore Raciti avvenuto nel corso degli scontri tra tifoserie opposte di Catania e Palermo – che certamente hanno destabilizzato l’opinione pubblica e rischiato di far catalogare nella mente di chi segue lo sport alcuni eventi come "pericolosi".

Nello specifico, l’art. 6, comma 1° della Legge n. 401/89, all'esito di plurime modifiche (da ultimo apportate dal D.L. n. 119/14), dispone che nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni per alcune tipologie di reato tassativamente individuate, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il Questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specifiche indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime.

Il divieto può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all'estero, specificamente indicate, ovvero dalle competenti Autorità degli altri Stati membri dell'Unione europea per le manifestazioni sportive che si svolgono in Italia.
Il divieto può essere, altresì, disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi di fatto, risulta aver tenuto, anche all'estero, una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l'ordine pubblico.

Il successivo comma 2° pone, accanto al divieto di cui al comma precedente, altresì un obbligo, disponendo che
"alle persone alle quali e' notificato il divieto previsto dal comma 1, il Questore può prescrivere, tenendo conto dell'attività lavorativa dell'invitato, di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nell'ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato o in quello specificamente indicato, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto di cui al comma 1."

Dunque, come è dato rinvenire dall’esame del dato normativo - più volte tacciato di incostituzionalità - la misura del Daspo consiste sia in una limitazione della libertà di circolazione (divieto), che al contempo in una limitazione della libertà personale dell’individuo (obbligo di presentazione negli uffici di p.g.), quest’ultima pertanto soggetta alla convalida da parte del G.I.P.
Ciò comporta che l’indagine cui è chiamata l’autorità emanante deve essere quanto più accurata possibile, onde evitare che la tutela dell’interesse pubblico alla repressione di condotte violente poste in essere nel corso di manifestazioni sportive possa sfociare in un’illegittima privazione di diritti costituzionalmente garantiti dalla Carta Costituzionale (art. 13 e 16).
In tal senso, essendo un provvedimento di natura amministrativa, l’irrogazione del Daspo deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento nei confronti dell’interessato, nonché deve seguire l’iter procedimentale previsto dalla Legge 241/90, a garanzia del diritto di difesa di quest’ultimo, salvo casi di particolare urgenza che devono comunque essere adeguatamente motivati.
Il soggetto cui viene notificato il Daspo ha la possibilità di impugnare detto provvedimento entro 30 giorni dalla notifica mediante ricorso gerarchico al Prefetto, ovvero entro 60 al Tar territorialmente competente, eventualmente chiedendo altresì l’emissione di un’Ordinanza cautelare che, ricorrendone i presupposti, sospenda nelle more del giudizio l’efficacia esecutiva del provvedimento oggetto di impugnazione.
In materia di Daspo la giurisprudenza amministrativa ha avuto a più riprese modo di intervenire, con pronunce che hanno indicato concretamente in presenza di quali circostanze di fatto la misura diviene applicabile.
Inoltre, uno dei vizi maggiormente riscontrati in sede di impugnazione, che dunque ha dato luogo all’annullamento di provvedimenti di Daspo, riguarda la carenza di specifica indicazione dei luoghi ove il provvedimento avrebbe dovuto esplicare i propri effetti, e dunque ai quali l’interessato non poteva accedere e/o recarsi.

Con riferimento a tale ultimo punto il Tar Sicilia – Palermo, chiamato a pronunciarsi di recente sul ricorso promosso da un soggetto colpito dalla suddetta misura, spiegava che
"come si evince dall'inequivoco tenore letterale della disposizione, il provvedimento di divieto deve contenere una puntuale indicazione sia delle manifestazioni agonistiche oggetto del divieto, sia degli altri luoghi compresi nel divieto di accesso; e ciò, anche in considerazione della fondamentale esigenza di conciliare la misura interdittiva con la garanzia costituzionale della libertà di circolazione".

(Tar Sicilia – Palermo, Sentenza n.2687/14)
Note:Legge n. 401/89;

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