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Licenziamento disciplinare

Firma di una lettera di licenziamento

Licenziamento disciplinare

Nullità del licenziamento intimato per violazione degli obblighi informativi covid-19 - Carenza di rilievo disciplinare della condotta, carenza di specificità della contestazione e di concreto pregiudizio.

Interessante pronuncia della Corte di Appello di Palermo, Sezione Lavoro, che, confermando le statuizioni rese in primo grado dal Tribunale, ha annullato il licenziamento disciplinare disposto da una società, operante nel settore della vigilanza privata e dei servizi fiduciari, a danno di un lavoratore, difeso anche dall’Avv. Salvo Cangialosi dello Studio legale Cangialosi & Cannata, per l’asserita violazione di obblighi informativi avuto riguardo alla prevenzione del contagio da covid-19. Nello specifico la Corte Territoriale ha ritenuto viziato il provvedimento espulsivo, valutando la condotta contestata al lavoratore, oltreché generica, del tutto priva di rilievo disciplinare.

L’addebito consisteva nell’aver omesso di informare il proprio datore di lavoro che egli, in data 16.03.2020, veniva informato dalla propria moglie - la quale aveva ricevuto una telefonata dall’ASP territorialmente competente - della circostanza che, essendovi stato un caso accertato di paziente positivo al Covid-19 all’interno dell’azienda presso la quale ella lavorava, in quanto familiare convivente della stessa, doveva (o meglio, avrebbe dovuto, laddove lo avesse saputo) effettuare n. 14 giorni di isolamento volontario domiciliare, a far data dal 05.03.2020 sino al 19.03.2020.
Orbene, considerato che il lavoratore aveva prestato servizio in azienda soltanto nelle giornate dal 05.03.02020 all’ 08.03.2020, in un periodo nel quale non era (né poteva essere) a conoscenza della predetta circostanza, lo stesso non riteneva di dover informare di quanto sopra il proprio datore di lavoro, non avendo, peraltro, ricevuto alcuna indicazione dall’ASP di Palermo circa la necessità di effettuare una mappatura dei potenziali contagi, e dunque di informare di quanto sopra tutti i soggetti con i quali era venuto a contatto nei giorni precedenti.

La Corte D’Appello, accogliendo la tesi e le domande del lavoratore licenziato, spiegava che
" l’omessa comunicazione a parte datoriale della necessità di sottoporsi ad isolamento domiciliare è una condotta che rimane assolutamente neutra e, in quanto non destinata a determinare – in carenza di prova - quelle conseguenze paventate dalla società, è assolutamente priva di qualsivoglia rilievo disciplinare, e dunque, non idonea a legittimare il provvedimento espulsivo.
Ciò in quanto non sussisteva, in capo al lavoratore, alcun obbligo informativo, non avendo egli ricevuto in tal senso specifiche indicazioni da parte dell’ASP territorialmente competente, unica legittimata ad effettuare la c.d. “mappatura dei contagi” ed impartire direttive consequenziali, in un momento, peraltro, in cui, come noto, ( si tratta dei primi mesi di diffusione della pandemia) il regime emergenziale che aveva determinato un iniziale generale disorientamento anche nelle competenti Istituzioni, era affrontato con reiterati Dpcm che di volta in volta illustravano ai consociati i comportamenti da adottare a tutela della salute pubblica. "

Pertanto, veniva confermata la pronuncia di primo grado, che aveva sancito il diritto del lavoratore licenziato alla reintegrazione in azienda ed all’ulteriore tutela risarcitoria prevista dall’art. 18 Stat. Lav., oltre alla condanna del datore di lavoro al pagamento delle spese di lite.