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Licenziamento verbale nullo: come difendersi

Medico e martelletto giudice

Licenziamento verbale nullo: tutele e come difendersi

Accade troppo spesso che nel rapporto di lavoro il lavoratore subisca da parte datoriale condotte che, oltre a lederne i diritti e la dignità, si pongono in netto contrasto con le norme di rango primario poste dall’ordinamento a tutela della parte debole del rapporto.
Tra le tante, una prassi particolarmente diffusa - soprattutto in contesti aziendali medio-piccoli - è quella di porre fine al rapporto di lavoro non soltanto utilizzando motivazioni di fatto inesistenti, ma altresì neppure comunicando per iscritto le stesse al lavoratore, il quale si ritrova, dunque, licenziato mediante l’inoltro (il più delle volte a mezzo di applicativo whatsapp) della comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto, ossia del c.d. modello Unilav.

Orbene, la Legge n. 606/1966 (“norme sui licenziamenti individuali”), all’art. 2, prevede espressamente che il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro” (comma 1); “la comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato” (comma 2); “il licenziamento intimato senza l'osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace” (comma 3).

Dunque, affinché il provvedimento di licenziamento sia correttamente irrogato - al netto, ovviamente, di eventuali ulteriori vizi formali ed attinenti il merito - necessita che questi sia comunicato per iscritto al lavoratore, con specificazione delle motivazioni che lo hanno determinato.

Prassi diverse, quali, ad esempio, il mero inoltro del modello Unilav di cessazione del rapporto, configurano ipotesi di licenziamento viziato e, nello specifico, di licenziamento orale/verbale.

Il lavoratore licenziamento verbalmente, qualora impugni il licenziamento entro il termine prescrizionale quinquennale (non essendo applicabili le decadenze introdotte dalla Legge n. 183/2010, c.d. Collegato Lavoro), si vedrà riconosciuto in giudizio il diritto alla reintegrazione in azienda, al pagamento di un’indennità risarcitoria per tutto il periodo non lavorato, nonché di tutti i contributi maturati dalla data di licenziamento sino alla data di reintegrazione, secondo la normativa prevista dall’art. 18 Legge n. 300/1970 (c.d. Statuto dei Lavoratori), come modificato dalla Legge n. 92/2012 (Riforma Fornero). Tale regime di tutela non ha subito significative variazioni a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 23/2015, applicabile ai lavoratori assunti a far data dal 7 marzo 2015.
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità il lavoratore che ha subito un licenziamento verbale avrà in giudizio esclusivamente l’onere di dimostrare, quale fatto costitutivo della domanda, che la risoluzione del rapporto è ascrivibile alla volontà datoriale.