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Risarcimento danni da responsabilità medica

Medico e martelletto giudice

Risarcimento danni da responsabilità medica

un procedimento può dimezzare i tempi di attesa del giudizio

Molto spesso, quando si deve fare ricorso alla giustizia, il primo pensiero è rivolto ai tempi e ai costi di un procedimento giudiziario che spesso, purtroppo, sono un deterrente nella difesa di un proprio diritto.
Ciò vale, in particolar modo, per le cause di risarcimento danni, nelle quali l’istruttoria potrebbe essere più o meno complessa ed è richiesto l’intervento di un consulente tecnico d’ufficio.

In tal senso, il tipico esempio è la causa di risarcimento danni da responsabilità medica malpractice sanitaria) ove il paziente, i congiunti dello stesso ovvero i suoi eredi (in caso di decesso) si dolgono degli errori del medico e/o della struttura ospedaliera fonte di danni alla persona (infezioni nosocomiali, errore diagnostico, errore chirurgico, ecc.).
Esiste, tuttavia, nel nostro ordinamento un procedimento, disciplinato all’art. 696bis del codice di procedura civile, che, nel caso di controversie aventi ad oggetto accertamenti tecnici, permette di ridurre notevolmente tempi e costi del giudizio, con un risultato che, anche se negativo, offre alla parte uno strumento ottimale per tutelare i propri diritti.

In particolare, la norma in parola permette di espletare una consulenza tecnica in via preventiva, ossia prima di instaurare il giudizio vero e proprio, al fine di accertare e determinare i >crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito.

Il consulente tecnico nominato (c.d. CTU) procede a dar seguito alle operazioni peritali sulla base del quesito giudiziale e, prima di depositare la relazione finale, tenta la conciliazione delle parti: se la conciliazione riesce, si forma processo verbale che diviene titolo esecutivo (al pari di una sentenza), se la conciliazione non riesce, la relazione (ove positiva) può essere utilizzata nel successivo giudizio di merito.
Gli aspetti positivi sono molteplici:

  1. i tempi: il procedimento ex art. 696bis c.p.c., a differenza del giudizio ordinario, è volto unicamente a dare seguito alla consulenza tecnica, trattasi di attività che - in ipotesi - puòconcludersi nell’arco di un anno e mezzo (chiaramente ciò cambia da un Tribunale all’altro);
  2. i costi: il rito in parola permette di quantificare sin dall’inizio i costi che la parte deve sopportare, ossia il contributo unificato (dimezzato rispetto all’ordinario), la marca da bollo, il compenso del CTU (che viene inizialmente posto a carico della parte ricorrente), gli onorari di CTP e avvocato;
  3. nessuna condanna alle spese: trattandosi di un procedimento volto ad ottenere una consulenza tecnica (e che, dunque, non termina con una sentenza), nel caso di relazione negativa non vi è una condanna a rifondere le spese dell’altra parte;
  4. la conciliazione: il consulente tenta la conciliazione e se questa riesce si redige processo verbale che diviene titolo esecutivo (che non soggiace all’imposta di registro), quindi non solo le parti possono trovare un accordo bonario, ma se la controparte viene meno allo stesso sarà possibile agire subito coattivamente;
  5. la relazione: se la conciliazione non riesce e la relazione è positiva, la parte può introdurre il giudizio vero e proprio, basandosi proprio sulla risultanze della stessa; un giudizio che verrà instaurato con un rito semplificato (che riduce ulteriormente i tempi), poiché si basa su una consulenza d’ufficio già espletata (e positiva). Ciò, quindi, sebbene non annulla l’alea del giudizio, permette di agire a ragion veduta.

La Studio legale Cangialosi&Cannataha già positivamente sperimentato tale rito, ottenendo risultati positivi, in tempi ragionevolmente brevi.