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Tutela previdenziale ed assistenziale

Martello del giudice

Tutela previdenziale ed assistenziale

L'Inps non ha diritto alla restituzione delle somme percepite in buona fede dal beneficiario.

Con una recente pronuncia del Tribunale di Termini Imerese, Sezione Lavoro e Previdenza, è stato ribadito il principio, già riconosciuto sia dalla giurisprudenza di merito che di legittimità, secondo cui l’Ente Previdenziale non ha diritto alla ripetizione delle somme di natura previdenziale/assistenziale, qualora il beneficiario le abbia percepite in buona fede.

Il caso esaminato dal Tribunale siciliano riguardava l’impugnazione di un provvedimento di rideterminazione della prestazione Categoria Invalidità Civile, promosso da un soggetto, titolare di pensione categoria invalidità civile, trasformata in assegno sociale al raggiungimento dell’età prevista ex art. 24 comma 12 L. n. 214/2011, difeso dall’Avv. Salvo Cangialosi.

In particolare il G.L. accogliendo totalmente il ricorso promosso da quest’ultimo, dichiarava che la ricorrente non è tenuta a restituire la somma di € 4.729,89 erogata sul trattamento pensionistico cat. INVCIV, per il periodo dal 01/01/2020 al 31/08/2022 e, per l’effetto, condannava l’INPS alla restituzione delle somme trattenute a tale titolo, oltre interessi come per legge e con il favore delle spese di lite.
Ed infatti, con riferimento all’indebito previdenziale trovano applicazione le norme speciali di cui all’art. 80, comma 3, del Regio Decreto 28 agosto 1924, art. 52 della Legge n. 88/1989, art. 13 della Legge n. 412/1991, nonché le successive Leggi nn. 662/1996 e 448/2001.

L’anzidetta normativa non esclude la ripetibilità delle somme indebitamente erogate dall’Inps a titolo di prestazione pensionistica, ma chiarisce come la stessa restituzione sia possibile nei soli casi in cui l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato, dovendosi di contro ritenersi sanate le erogazioni di indebiti dipese da "errore di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore".

Pertanto, nei casi di assenza di responsabilità del soggetto percettore di pensione ed in presenza di una condotta in buona fede dello stesso, è escluso a priori l’obbligo di restituzione di somme percepite a titolo di pensione dall’Inps.
La ragione che giustifica l’esclusione dell’applicazione del principio generale di natura civilistica di cui all’art 2033 c.c. è da ricercarsi sia nel rapporto di specialità fra le norme, sia nella natura e nella funzione propria della prestazione pensionistica, ovvero la natura alimentare ed assistenziale: la prima, essendo la disciplina della sanatoria globalmente sostitutiva di quella ordinaria di cui all'art. 2033 c.c.; la seconda, in quanto il soggetto percettore di una pensione non è tenuto a preoccuparsi di una eventuale restituzione di somme all’Ente erogatore, trattandosi di somme destinate al sostentamento del percettore e non certo al risparmio.

Quanto all’onere della prova, ai sensi dell’art. 13 Legge n. 412/91, è l’Ente Previdenziale che rivendichi la ripetizione dell’indebito a dover dimostrare che le somme siano state dolosamente percepite dalla beneficiaria. Prova che, nel caso di specie, non è stata fornita, con pedissequo accoglimento delle domande promosse dalla ricorrente, la quale ha così scongiurato il rischio di dover restituire all’Inps un’ingente somma di denaro.